giovedì 6 giugno 2013

Bergson

 Lo spiritualismo

In senso generale con il termine spiritualismo si indica quella filosofia che assume lo spirito, cioè la coscienza, come presupposto della ricerca. Storicamente lo spiritualismo si è sviluppato in opposizione al materialismo, al positivismo e all’idealismo e si diffonde soprattutto in Francia grazie al pensiero di Blondel e Bergson, pur coinvolgendo anche altre aree culturali europee. Nonostante la varietà delle prospettive filosofiche legate allo spiritualismo, è possibile fissarne alcuni punti fondamentali:
  • la specificità dell’uomo nei confronti della natura, per il suo carattere spirituale e coscienziale e per la sua attività e libertà;
  • l’esperienza interiore, nel senso di ascolto della voce della coscienza come metodo proprio della filosofia;
  • l’irriducibilità della filosofia alla scienza.


Henri Bergson

Bergson nacque a Parigi nel 1859 e morì nel 1941. Rifacendosi a Sant’Agostino (che aveva detto che il tempo è dentro di noi) Bergson fece una distinzione fra il tempo della scienza ed il tempo della vita. Il primo è fatto di istanti differenti solo quantitativamente, ed è reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto infinite volte. Nel secondo, invece, gli istanti, diversi tra loro anche qualitativamente, si compenetrano e si sommano tra loro e sono irripetibili, non si possono ricreare. In sintesi, il tempo della scienza è solo qualcosa di astratto, di esteriore e di spazializzato (come diceva lo stesso Sant’Agostino: lo spazio è un tutto continuo in cui sono collocati gli oggetti, che nei confronti dello spazio perdono valori qualitativi, mentre il tempo è un tutto continuo nel quale collochiamo gli eventi). Dunque, il tempo reale è una creazione continua (pur essendo il risultato di momenti precedenti, il presente è un momento assolutamente nuovo). La vita spirituale, quindi, è essenzialmente auto-creazione e libertà: coloro che ritengono che ogni azione spirituale sia necessariamente determinata da cause precedenti, si fondano su un concetto del tempo che non si può applicare alla vita spirituale, dato che la coscienza ci dà soltanto un processo di mutamento unico e continuativo.
In Materia e memoria, Bergson studiò i rapporti tra spirito e corpo (che è quel tipo di materia che nell’uomo si oppone alla coscienza). Egli fece una distinzione tra memoria, ricordo e percezione. La memoria pura è la coscienza stessa, che registra tutto ciò che accade (a volte in modo a noi non consapevole: la memoria, cioè, è il nostro passato). Il ricordo-immagine è la materializzazione operata dal cervello di un evento passato (cosa che non avviene sempre: viene trasformato in ricordo solo ciò che serve all’azione: paradossalmente la memoria è più oblio che ricordo). Quella che noi chiamiamo comunemente memoria (che in realtà è il ricordo-immagine), non è che una minima parte della memoria complessiva. La percezione è un continuo filtro selettivo dei dati, in vista delle esigenze dell’azione.
Rimane, però, un dualismo tra coscienza e corpo, spirito e materia: ciò egli risolse nell’Evoluzione creatrice, che si rifà al concetto di durata reale. La vita, imprevedibilmente, crea e si evolve (come una fontana) in modo semplice e continuo, essendo nello stesso tempo conservazione integrale ed automatica dell’intero passato. Questa creazione via via si evolve dallo slancio vitale iniziale, creando tutta la natura in modo libero e imprevedibile, senza un progetto iniziale, senza un fine e senza necessità. La prima biforcazione fondamentale è quella che ha dato origine alla distinzione tra animale e pianta. Dunque l’essere è la vita e quindi il non essere (che nasce da un’interruzione dell’energia vitale) è la materia (studiata dalla scienza, che, secondo Bergson, che la disprezza, studia ciò che non è vitale).
Inizialmente l’uomo non era homo sapiens ma homo faber e, per sopperire alle proprie mancanze, usava l’intelligenza (che è la facoltà di fabbricare strumenti artificiali) e l’istinto (facoltà di utilizzare o costruire strumenti organizzati). L’intelligenza, dunque, si trova a suo agio con la materia inorganica e quindi non può comprendere il movimento, il divenire e la vita. Ma l’intelligenza non si separa mai completamente dall’istinto, per cui è possibile un ritorno consapevole dell’intelligenza all’istinto Tale ritorno è l’intuizione (che penetra, come l’istinto, vede, e si stacca, come l’intelligenza): essa è un istinto cosciente e disinteressato. Che un ritorno cosciente all’istinto è possibile ce lo dimostra l’intuizione estetica, che dà luogo all’arte. Essa però è diretta solo verso una realtà particolare e non verso la vita in generale: per ciò serve la metafisica. Questa teoria dell’intuizione è stata molto discussa: come la natura di Rosseau, non si capisce ancora bene se Bergson auspicasse ad un ritorno al selvaggio o ad una riscoperta di qualcosa nell’interiore (a volte l’intuizione sembra un ritorno ad un periodo prelogico, altre volte un ritorno cosciente all’incoscienza).
Anche nel mondo umano Bergson vide una distinzione tra immobilità e movimento, infatti l’uomo ha un proprio ruolo sociale e da ciò derivano due tipi di società: quelle chiuse, dove l’intelligenza tende a fornire all’uomo gli alibi per sottrarsi al proprio ruolo, per cui la vita usa la morale dell’obbligazione, cioè obbliga l’uomo con la morale; e quelle aperte, dove l’intelligenza non riesce e, per la morale assoluta, ogni uomo spontaneamente adempie al proprio compito (essendo Bergson ateo, la figura rappresentativa di tale società è l’eroe). Alla morale dell’obbligazione e a quella assoluta corrispondono due tipi di religione: c’è quella statica, nella quale la vita usa una speciale fantasia (la funzione fabulatrice), che ha inventato miti e superstizioni per rassicurare l’uomo dalla sua idea fissa della morte, che altrimenti lo porterebbe all’inoperosità; e religione dinamica (che Bergson identifica con il misticismo, cosa rara che presuppone un uomo privilegiato), per la quale ogni persona deve fare appello a tutte le proprie facoltà per inserirsi nello slancio vitale, nella stessa creazione divina, per continuarla per proprio conto (emblema di questa religione dinamica è il santo, simile al superuomo di Nietzsche che doveva inserirsi nell’Eterno Ritorno, assurgendo a dio).







Marx

Sul piano politico:
la teoria di Marx è il risultato di una elaborazione della ideologia giacobina (rivoluzione francese: idea di eguaglianza deve essere estesa al campo sociale ed economico), del socialismo utopistico (possibilità di superare il capitalismo, superamento che però per Marx non si presenta più come un ideale, ma come una necessità storica derivante dall’inevitabile tramonto del modo di produzione capitalistico socialismo scientifico) e del pensiero comunista(ruolo della classe operaia e della violenza rivoluzionaria superamento del settarismo da parte di Marx).

Questa teoria gira intorno a tre concetti:
  • rivoluzione( processo con cui il proletariato di impadronisce del potere politico.);
  • abbattimento dello stato borghese e dittatura del proletariato.
  • Abolizione dello stato e delle classi sociali (“da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”).

Concezione della storia:
1. Hegel: per Hegel la realtà è un organismo unitario che coincide con l’infinito o l’assoluto. Tale infinito si identifica con l’uomo visto come soggetto spirituale in divenire nella storia, che non è altro che razionalità dispiegata attraverso una serie di momenti necessari. Questo spirito del mondo s’incarna negli spiriti dei popoli che si succedono all’avanguardia nella storia, popoli guidati da eroi che incarnano il processo. Questi eroi (Alessandro, Cesare, Napoleone) seguono le proprie passioni e ambizioni, ma si tratta di un’astuzia della ragione che si serve degli individui e delle loro passioni come mezzi per attuare i suoi fini, cioè la libertà di spirito che si realizza nello stato.
2. Marx: pur rifiutando l’idealismo di Hegel sostituito da una concezione materialistica della storia, conserva la cornice razionalistica e ottimistica di Hegel. Eresia cristiana concetto storia lineare (perfezione lineare:colpa,redenzione,salvezza), disegno di Dio fino alla salvezza.
Secondo Marx, l’umanità è una specie evoluta composta di individui associati che lottano per la loro sopravvivenza. La storia è un processo materiale fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento. Per soddisfare i propri bisogni, l’uomo ricorre al lavoro, il quale produce beni di sussistenza.

Bisogna distinguere 2 elemnti di fondo per l’esistenza:

  1. le forze produttive (gli uomini che producono; i mezzi: terra, macchine; le conoscenze tecniche e scientifiche).
2. i rapporti di produzione (i rapporti che regolano il possesso e l’impiego dei mezzi di lavoro, ripartizione di ciò che si produce). Forze produttive e rapporti di produzione costituiscono il Modo di produzione che va a costituire la struttura, ovvero lo scheletro economico della società. Su questa struttura di eleva una sovrastruttura giuridico-politico-culturale che è il prodotto della struttura economica. All’interno di ciascun modo di produzione c’è lo scontro tra 2 classi (lotta di classe).

Sul piano economico:
  • La critica politica classica: il capitalismo è un modo di produzione storico regolato da leggi storico e non la forma naturale della produzione regolata da leggi universali; il capitalismo non è un sistema armonico ma corroso da forti contraddizioni.
  • Contraddizioni capitalismo: l’alienazione del lavoro (il lavoratore è alienato rispetto al prodotto, alla sua attività, alla sua essenza); la sovrapproduzione (il capitalismo produce troppo rispetto alla capacità di assorbimento del mercato, diminuzione salari), la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto (i rendimenti sono decrescenti).

Critiche del pensiero di Marx:
Piano filosofico: visione finalistica della storia (creazione società comunista come società perfetta di uomini liberi e eguali), visione materialistica dell’uomo (negazione importanza e valore alle istanza spirituali e religiose), primato dell’economia.
Piano Politico: democrazia (intesa come mezzo non come fine), esaltazione lotta di classe e violenza rivoluzionaria, rifiuto prospettive riformiste, esaltazione dello stato a scalpito della società civile, sottovalutazione conflitti etnici e religiosi.
Piano economico-sociale: crescente proletarizzazione e miseria masse proletarie, sottovalutazione aumenti produttività: aumento salari reali e ruolo dei sindacati, sottovalutazione della flessibilità del capitalismo.

Kierkegaard

La sua filosofia si pone come una radicale critica alla filosofia di Hegel.
  • alla ragione universale hegeliana Kierkegaard contrappone il SINGOLO Il Singolo è la categoria attraverso la quale debbono passare, dal puntodi vista religioso, il tempo, la storia,l’umanità.[1327]
  • alla riflessione sull’essenza contrappone la considerazione dell’ESISTENZA, del modo di essere proprio del singolo uomo. EX-sistere significa emergere dal nulla ed esporsi sul confine precario tra l’essere e il non essere, sul piano dell’esistenza tutto è POSSIBILE
  • Alla necessità hegeliana contrappone la POSSIBILITA’, dimensione fondamentale dell’esistenza, intesa tanto nel suo aspetto positivo, quanto in quello negativo, che come tale implica la minaccia del nulla, dà all’esistenza del singolo una condizione di radicale instabilità.

  • la dialettica hegeliana, come conciliazione e sintesi degli opposti (et…et), è per Kierkegaard impossibile sul piano dell’esistenza, dove le contraddizioni sono inconciliabili, gli opposti costituiscono i termini di un’alternativa radicale, di un AUT…AUT, tra i quali il singolo deve scegliere. L’individuo non è quello che è, ma diviene quello che sceglie di essere "Esistere è scegliere" e nella scelta il singolo gioca tutto se stesso, l’intera sua esistenza.
     
Le infinite possibilità davanti alle quali si trova il singolo vengono riassunte in tre forme di esistenza, esse si presentano nella scelta sempre a due a due e non sono legate da alcun processo di tipo dialettico. Il passaggio tra una forma di vita e l'altra tuttavia comporta sempre il rischio di cadere nel nulla.
Vita Estetica: Forma di vita di chi "sceglie di non scegliere" e così facendo mantiene sempre aperta l'infinità delle possibilità. Simbolo di questa esistenza è il Don Giovanni, che passa da una donna all'altra senza legarsi nessuna di esse. Si generano però contraddizioni che portano al superamento della Vita Estetica: in primo luogo scegliendo di "non scegliere" vi saranno dei terzi che sceglieranno al posto dell'individuo ed in secondo luogo il Don Giovanni con il suo cambiar donne rischia di cadere nella temuta ed inevitabile noia degli eventi.
Vita Etica: Forma di vita di chi sceglie di assumersi le responsabilità ed i doveri, il Don Giovanni legandosi ad una donna si fa in questa vita Marito e si prende cura della famiglia. Assumendosi le responsabilità di questa nuova veste alla lunga il soggetto rischia di farsi schiacciare dal senso di colpa derivante dall'eccessiva responsabilità; si determina così un nuovo passaggio.
Vita Religiosa: Forma di vita che non libera l'uomo dal tormento ma anzi lo mantiene in questa condizione, essa scuote le coscienze facendo render loro conto dell'abisso del nulla. Questa esistenza porta alla solitudine del soggetto, ben rappresentato dalla figura di Abramo, personaggio biblico che disponendosi, per fede, a sacrificare il figlio, sarebbe stato condannato ed isolato tanto dalla morale quanto dal tribunale degli uomini. Proprio per questo paradosso di non razionalità, la vita religiosa implica la solitudine.
Da questa ultima forma di vita emergono molti elementi, in ambito religioso, che ben sottolineano la dura posizione di Kierkegaard a tal riguardo. La Fede viene in questo modo considerata come la massima dispensatrice della drammaticità dell'esistenza che, tramite l'evento emblematico del peccato originale, genera nell'uomo le condizioni di Angoscia e Disperazione. L'Angoscia è il sentimento provato di fronte all'infinità delle possibilità mentre la Disperazione è il sentimento provato dal singolo per sé stesso poiché conscio che scegliendo di essere "sé stesso" ha fatto una scelta inadeguata e precaria. Dio diventa così il "termine di paragone" con cui l'uomo si raffronta e così facendo non fa altro che rendersi ancor di più conto della nullità del proprio essere. La critica verso le religioni positiviste si riassume nella icona del Cristo morente in croce, che evidenzia come ogni religione, appunto, non sia nient'altro che una sofferenza.

venerdì 22 marzo 2013

Feuerbach

Mi ha subito colpito il pensiero che Feuerbach ha espresso riguardo a Dio.
Il semplice fatto che lui credeva che NON fosse Dio a creare l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma al contrario che proprio l'uomo avesse creato un Dio a sua immagine e somiglianza, è straordinario.
Ma perchè l'uomo avrebbe dovuto inventarsi questa particolare figura nella quale credere e nella quale riporre le proprie preghiere e speranze?
Questo vuole essere uno spunto per cominciare una riflessione sull'argomento..

Il Superuomo di Nietzsche

Il Superuomo per Nietzsche è l'uomo dionisiaco che segue i suoi istinti e le sue passioni, è quindi SPONTANEO, non ha paura della vita nel suo aspetto tragico e la affronta, invece di staccarsene come suggerisce Schopenhauer attraverso l'ascesi. Il Superuomo è colui che spezza le catene della morale per affermare un nuovo tipo di "oltreuomo" proiettato verso il futuro nel quale deve farsi Dio di se stesso, in quanto "Dio è morto" a causa degli uomini. Possiede una radicale accettazione della realtà, della natura così com'è e mira ad una piena realizzazione di sè, a uno sviluppo estremo della propria individualità.




                                       

venerdì 30 novembre 2012

Arthur Schopenhauer, L'arte di ottenere ragione

Ho da poco cominciato a leggere un piccolo trattato di A.Schopenhauer .
In 38 interessanti e particolari stratagemmi, espone come ottenere ragione; difatti come dal titolo, "L'arte di ottenere ragione".
Secondo Schopenhauer la dialettica è l'arte di disputare, ovvero una contesa verbale, una discussione animata. Questa disputa, secondo il filosofo, è finalizzata a ottenere ragione con qualsiasi metodo di cui si dispone, che sia questo lecito o illecito. In poche parole vengono spiegate diverse "tecniche", che servono alle persone che si accorgono di avere torto in una disputa ad ottenere ragione agli occhi degli altri.
Il tutto è finalizzato a imporre le proprie tesi su quelle dell'avversario, indipendentemente dalla loro verità o falsità. Quindi quello di insegnare a difendersi dagli attacchi, soprattutto, da quelli sleali; o di battere l'avversario con i suoi stessi mezzi, al fine di difendere le proprie affermazioni e rovesciare quelle avversarie.
Critica inoltre Aristotele, il quale sostiene che la dialettica ha allo stesso tempo sia lo scopo di disputare che quello di ricercare la verità, verità che Schopenhauer decide di raggiungere in modo diverso rispetto a Aristotele, utilizzando metodi illeciti.
Per fare un piccolo esempio, cito uno dei 38 stratagemmi:
Stratagemma 8 
Suscita l'ira dell'avversario, perché nell'ira egli non é più in condizione di giudicare correttamente e di percepire il proprio vantaggio. Si provoca la sua ira facendogli apertamente torto, tormentandolo e, in generale, comportandosi in modo sfacciato.